Chiusura domenicale: da che parte state?

La chiusura domenicale è una proposta dell’attuale Governo di imporre per decreto, la chiusura alle attività commerciali. Tra buoni propositi etici, e paventate ricadute negative sull’occupazione, voi da che parte state?

Si sa, il mondo dopo la globalizzazione non è stato più lo stesso. Migliore, peggiore, difficile dirlo. Sicuramente diverso. Per sostenere la produzione di massa, e la vendita di beni e servizi, si è provveduto a creare il consumo esperienziale, aumentare le occasioni, i luoghi, i motivi di consumo. La frontiera dell’e-commerce ha anche abbattuto le barriere spazio temporali. Le macchinette self service e la concorrenza sleale ed incontrastata di negozi simili agli off licence britannici, la costruzione di mall e ipermercati dove creare perdizione e focalizzare la domenica sul consumo, hanno messo spalle al muro il piccolo e medio commerciante. Tutto in nome del lavoro, del reddito, dell’occupazione.

E’ stata perseguita la strada più americana del fare mercato. Si diffonde così l’obsolescenza tecnica, ovvero prefissare il ciclo di vita di un prodotto per obbligare al cambio o alla riparazione. Si apre al consumo 7 su 7, e poi alla disponibilità h24.

Stiamo inseguendo un modello giusto, o l’unico valido per mantenere livelli occupazionali validi? Oppure è il caso di ridimensionare l’importanza della disponibilità al consumo ovunque, sempre e subito.

La proposta della chiusura domenicale, divide. Non sembra esserci una verità, una posizione più giusta e una meno, semplicemente una scelta da fare. Sperando che sia la più opportuna.

VEDIAMO INSIEME I PRO E I CONTRO DI UNA REGOLAMENTAZIONE DELLE DOMENICHE.

C’è una premessa da fare: il mercato libero conosce l’autoregolamentazione e dovrebbe essere il buon senso e la buona pratica imprenditoriale a valutare nei profitti e nelle perdite, anche i costi e i ricavi intangibili. Armonia, felicità e buona predisposizione delle risorse umane, oltre che comunicazione sociale d’impresa verso i consumatori, non possono più essere esclusi dalle buone pratiche d’impresa.

CONTRO. La chiusura domenicale può generare un mancato guadagno, in una giornata in cui sempre più italiani hanno l’abitudine di dare sfogo al consumo sia razionale che edonistico. Il che significherebbe generare un circolo vizioso di perdite di volumi d’affari e possibili ricadute in ambito occupazionale. La chiusura domenicale porterebbe poi a cercare delle alternative di consumo, online, self service. Inoltre il rischio di decretare per legge, la chiusura domenicale, potrebbe portare disparità di trattamento tra un tipo di attività commerciale e l’altra. Ma ad alimentare il vero motivo di contrasto alla chiusura domenicale, è l’idea che una scelta libera, di un singolo individuo, o di una famiglia, di dedicare una giornata allo shopping, possa venire meno per una decisione imposta e non per una libera opinione di come spendere il proprio tempo (lato consumatore), o di come e quando guadagnarsi da vivere (lato commerciante).

PRO. Le liberalizzazioni, che avrebbero dovuto portare ad un aumento dei consumi, e ad un rilancio dell’economia, hanno in realtà portato ad un mercato imbastardito, dove le assunzioni sono rimaste ferme al palo, le ore lavorate sono aumentate (spesso in nero) e i salari congelati. Imprimere un cambiamento etico, ridando centralità al tempo libero, fuori dall’idea di consumo anche quando questo è superficiale, e non copre i generi di prima necessità, potrebbe dar vita ad un ritorno al passato, fatto di famiglie nei parchi, in visita presso beni culturali, attività sportive, eventi, sagre, concerti, mostre e tanto altro.

Mantenere lo stato attuale, garantendo la libertà di consumatori e commercianti di decidere autonomamente come, dove e perché spendere il proprio tempo libero in consumi, o tentare di educare ad un consumo differente in nome di un’etica da altri tempi? A voi la scelta.

Resta ben inteso: qualunque sia la scelta del Governo, il concetto di gradualità e categorizzazione per i commercianti, e di disponibilità e reperibilità a beneficio dei consumatori, non può certamente essere escluso dai criteri decisionali. Appare doveroso anche considerare i diversi tipi di attività commerciale, che creano offerta turistica nei centri storici, come ad esempio l’artigianato locale. Così come merita un’analisi, il diverso contesto in cui i commercianti operano, basti pensare a località prettamente balneari che generano i massimi ricavi nei weekend estivi, rimanendo aperti anche oltre la mezzanotte.

Una scelta difficile da fare, forse non la priorità del Paese, ma pur sempre una scelta da fare. In tutti i casi dove non arriva una buona legge, può arrivare il nostro buon senso.

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