Archivio delle categorie Marketing Turistico e Territoriale

Parliamo di turismo: intervista all’Onorevole Mattia Fantinati.

Parlare di turismo appare spesso complicato, sia perché la definizione stessa si allarga a più interpretazioni, adattandosi a molteplici visioni, scenari e mercati. Sia per la convergenza di più interessi e attori economici in uno stesso settore. Parlarne significa, o dovrebbe significare, affrontare una discussione unendo competenze, esperienze e conoscenze dei vari ambiti. Quale interlocutore migliore di Mattia Fantinati,  deputato della Repubblica, membro della commissione Turismo del parlamento italiano.

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Osservatorio 2.0.

La rivoluzione 2.0 per gli esperti di marketing rappresenta una delle facilitazioni maggiori nel settore dell’analisi dei dati. Grazie alla realizzazione dell’ OSSERVATORIO 2.0 dello Studio Siculella, siamo in grado di incrociare e misurare: brand reputation, fattori critici e variabili utili per lo sviluppo di analisi di mercato.

Grazie all’osservatorio 2.0 infatti abbiamo misurato la brand reputation delle strutture ricettive del Salento, ancor prima di grandi società addette a tale compito.  Da Tripadvisor, passando per booking.com e Facebook, con l’osservatorio 2.0 possiamo monitorare punteggi, recensioni e giudizi degli utenti. Incrociando dati, recensioni, e giudizi degli utenti e mettendoli a sistema, vengono rilevate la caratteristiche principali di domanda e offerta turistica, brand reputation, criticità di un’impresa.

Il Comune di Melendugno, una delle principali mete turistiche del Salento, nel 2016 commissionò a Studio Siculella, un progetto di comunicazione e marketing digitale. Utilizzammo l’osservatorio 2.0 per ricavare i dati inerenti ai giudizi dei turisti, scoprendo a malincuore che veniva rilevato un “aumento considerevole dei prezzi, in maniera indirettamente proporzionale a servizio/prodotto reso”. Inoltre categorizzammo le principali criticità in quattro macro aree. Le analisi e le documentazioni fornite da Studio Siculella si riferiscono dunque al risultato di un lavoro certosino e non a semplici dichiarazioni disfattiste.

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Salento: cala il sipario.

Dopo l’articolo Salento dall’alba al tramonto si è scatenato un acceso dibattito. Il successo del post ha spinto da una parte redazioni più o meno autorevoli a cavalcare l’onda del malcontento, dall’altro ha compattato i ranghi salentini a difesa de “lu sule, lu mare, lu ientu”.

MA FACCIAMO CHIAREZZA. Nessuno, soprattutto un salentino, consulente di marketing, che per passione e professione ha da sempre sposato e sostenuto la causa Salento, ha l’intento di demonizzare o distruggere nulla. Nell’era dell’ottimismo 2.0 sovente si scambia un’analisi critica con disfattismo, un esperto con un gufo. L’intenzione di chi scrive è quella di sostenere l’importanza di governare il turismo, non di subirlo. Di monetizzarlo, non di spremerlo. Di investire su una ricchezza orizzontale non su arricchimenti verticali. Il turismo rappresenta più del 12% del PIL del nostro Paese ed ha una notevole incidenza in territori economicamente depressi come quelli del mezzogiorno. Proteggere, sviluppare e promuovere turismo è il primo obbligo delle amministrazioni pubbliche, puro ossigeno per i privati, speranza dei residenti. 

Leggendo alcuni commenti si evidenzia un provincialismo estremista, un campanilismo fondamentalista per cui il Salento è una bomba, non esiste ne altro ne meglio e “se non ti sta bene vattene a Rimini”. In realtà ad andarsene dovrebbero essere quei mediocri, ignoranti, parassiti in un caso, campanilisti, miopi e qualunquisti nell’altro,  che per scopi più o meno leciti, per manifesta incapacità o per posizione socio-economica, si alimentano di un mercato non governato, non regolato. Ed a questi, solo a questi, la situazione attuale può andar bene.

Ma se andasse bene così, perché il Salento, ovvero la Provincia di Lecce si trova alla 92esima posizione per qualità della vita? Perché il reddito pro-capite è tra i più bassi d’Italia ed il welfare alle corde?

Perché analizzando i commenti dei turisti il 75% lamenta scarsa attenzione sull’ambiente. Come mai prezzi e servizi sono indirettamente proporzionali? Perché la Puglia è la quintultima regione d’Italia per turismo straniero?

Due mesi di successi annebbiano la vista a chi meno povero ma più misero si accontenta di portare a casa la stagione. Il turismo è ben altro. Il turismo sviluppa un’economia labour intensive, ovvero crea svariati posti di lavoro. Lo fa se il denaro incassato genera degli investimenti in servizi, mobilità, infrastrutture. Il turismo distribuisce ricchezza se questa non si accumula nelle tasche di pochi. Un turismo sano e governato è un turismo destagionalizzato, specializzato, programmato. Un turismo accessibile, sostenibile, legale. Proporre un turismo internazionale, diffuso, sostenibile, continuo e non concentrato, remunerativo significa eludere le mediocrità, scavalcare le convinzioni che turismo sia un ingresso al privè di una discoteca, l’alcolizzata in spiaggia o la prenotazione degli appartamenti.

Il turismo governato permette lo sviluppo di dinamiche di crescita non solo economica, ma soprattutto sociale e culturale.

Chi resta nella convinzione che la frisa, la pizzica, ed il Samsara siano sufficienti per sostenere il primo mercato per fatturato in Salento, deve fare i conti con le statistiche. Il Sud e le Isole insieme incassano nel settore turistico (dati 2015-16) 1/3 di quanto fa il nord. La Puglia è in cima alle classifiche di afflusso turistico solo in due mesi (luglio e agosto) scompare nel resto dell’anno dove Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia, Lazio e Trentino insieme fanno più del 50% dell’intero monte presenze.

Allora bene la frisa a 10 euro, ma solo se si vende un servizio. Bene la movida e gli eventi, a fronte di garantire investimenti in sicurezza e accessibilità. Bene il rustico a 5 euro, se in cambio si ottiene personale qualificato, cortese, e magari bilingue. Ottimo il drink a 10 euro se navigo sul free wifi. Bene 35 euro per un ombrellone se lo posso prenotare con un click e non spingendo nella calca sotto il sole a 40°. Ma con i se ed i ma la storia non si fa.

Il rischio è che non si scriva neanche un futuro all’altezza delle aspettative tradite da avidità, illegalità e mediocrità.

 

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Salento dall’alba al tramonto.

Parliamoci chiaro, il Salento dieci anni fa era meta di un turismo quasi totalmente domestico. Lavoratori e studenti fuori sede, e gruppi ristretti dei loro amici, rappresentavano il turismo in terra salentina. Le marine erano popolate dagli stessi abitanti della zona che, a pochi milioni di lire, fino agli anni ’90, comprarono seconde case per le vacanze. Il turismo estero era rappresentato dalle generazioni salentine emigrate in terre tedesche, svizzere e francesi.

Lo slancio e la rinascita del capoluogo, la nascita del marchio Salento d’amare, la notorietà di personaggi prevalentemente del mondo musicale e la potenza virale dei social, fecero emergere a livello nazionale un territorio fino a quel momento ai margini dello scenario turistico nazionale.

I prezzi erano veramente bassi, il prodotto molto buono, tuttavia esclusivamente posizionato nel quadrante del turismo balneare: distante ma raggiungibile, esteso ma contenuto, 300km di costa tra faraglioni, calette, spiagge sabbiose ed un mare oggettivamente spettacolare.

Le attività di promozione sono state incisive e determinanti.

Il Salento è esploso tra le mani di proprietari di terreni, pescherecci e seconde case. Lidi a gestione familiare iniziarono ad alzare il volume della radio per attirare qualche spiaggiante in più.  Spesso gente non qualificata, impreparata, tutto molto improvvisato ed approssimativo. Il turismo concentrato in 40 giorni centrali d’estate ha portato un fiume di soldi a chi non ha titoli, esperienze, capacità di governo. Ed in questi casi si è davanti alla “mucca da mungere” fino all’ultimo. Lo capirono locali quanto imprenditori delle province di Napoli e Bari. Lo capirono da lì a poco anche gruppi di pressione, lobby e mafie.

Il processo è graduale ed ineluttabile, se non si hanno le capacità di governare fenomeni nati quasi spontaneamente.

I lidi iniziano ad organizzare notti brave in spiaggia, pizzerie con giardino si attrezzano con piste da ballo, osterie si reinventano ristoranti. Disoccupati, anziani, adulti e bambini battono cassa presentandosi davanti alle principali aree di posteggio abusivo, passando da pochi euro a centinaia di euro al giorno, rigorosamente esentasse.

Si cementifica per aumentare l’offerta, si alzano i prezzi per sfruttare la domanda, non ci si specializza e non si investe per paura che possa durare poco. Allora avanti così a “raccogliere l’acqua quando piove”.

5 euro per parcheggiare in un’area incustodita, ricavata abbattendo ettari di macchia mediterranea. Se ti va bene useranno la tua auto come appoggio per un piano bar improvvisato, se ti va male ti ruberanno i cerchioni o proveranno a forzarti il cofano.

30 euro per un ombrellone e due lettini. Il lido non ha alcun servizio di intrattenimento per i tuoi bambini, tanto meno una politica per gli amici a quattro zampe. Non parliamo poi dei servizi: il wi-fi non è una tecnologia ma una poco divertente caccia al tesoro. La differenziata una speranza.

10 euro un drink in fascia happy hour nei lidi più spinti, almeno 5 in quelli anni ’80 dove gusterai dell’ottimo ghiaccio in un bicchiere da 0,25 cl.

Dai 4 ai 10 euro per una frisa tradizionale, il cui valore nominale non supera (condimenti di qualità inclusi) i 2 euro.

Non è solo una questione di numeri, il Salento ti stupirà anche per discariche abusive su piazzole di sosta e cordoli di superstrada. Sacchi di immondizia o bottiglie lanciate da un auto in corsa. Sigarette spente sulla spiaggia, pasti consumati in riva al mare i cui involucri restano a galla sulla riva.

E ancora schiamazzi, “api calessine” di dubbio gusto che sfrecciano a tutto volume. Case vacanza affittate in stile pollaio, abusivamente. Scontrini latitanti e l’odore delle mafie organizzate che lucrano su eventi, parcheggi e riciclaggio di denaro.

E’ un turismo quantitativo, concentrato per il 75% in 40 giorni, proveniente per l’80% dall’Italia. Una realtà che gode di alcuni macro fattori come il terrorismo che disincentiva le mete un tempo ambite come Tunisia, Marocco, Egitto, Turchia, Francia. La contrazione dei redditi e della capacità di spesa che ostacola la ricerca della qualità da parte della classe media che preferisce ostentare benessere affittando in 20 persone uno yacht per 5 giorni.

Il Salento si mostra come specchio e riflesso di una società che non potendo contare sulla qualità della propria vita la ostenta, apparendo palesemente ridicola. ” La bella vita” concentrata in 10 giorni, tra occhiali da sole all’ultima moda, slippini bianchi e labbra a papera, aperitivi e ristoranti stracolmi che qualcuno diceva essere un segnale di ripresa, ed invece era solo l’anticamera di una società senza prospettive, mordi e fuggi.

Tanta forma insomma, poca sostanza e chi attendeva un possibile declino sappia che è già arrivato.

 

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BTM Puglia 2017 , alcune considerazioni da tenere a mente.

BTM Puglia 2017 : un successo ? Forse l’inizio della fine.

Il BTM Puglia 2017 si è concluso sabato 18 febbraio a Lecce nelle sale del Castello Carlo V. Una passerella durata 3 giorni che ha visto sfilare enti pubblici e privati, amministratori, operatori, docenti e professionisti del turismo e del marketing turistico.

La manifestazione BTM Puglia, la cui sigla indica Business Tourism Management ha l’intento, da tre anni a questa parte, di riunire il mondo turistico del territorio per fare il punto sullo stato dei lavori, sul mercato e sulle nuove dinamiche che lo governano.

Un intento valido, non corrisposto interamente nei contributi che si sono susseguiti in questa tre giorni. Sono rimasto incredibilmente perplesso nel notare un ritardo catastrofico nella gestione del turismo, nell’approssimazione organizzativa, e nella mediocre preparazione nel campo del marketing territoriale quanto nel suo sviluppo paradigmatico del 2.0.

Chi ha realmente a che fare con il management turistico riuscirà sicuramente a cogliere queste brevi considerazioni che mi accingo a fare.

  1.  Chi mastica marketing conosce le sue leve strategiche. Al BTM Puglia si è discusso prevalentemente (se non totalmente) di posizionamento e promozione.
    In pochi hanno sottolineato la necessità di intervenire sul prodotto. Abbandonato a se stesso, in mano all’incuria, all’illegalità e all’abusivismo dirompente, in taluni casi con evidenti dinamiche di stampo mafioso.BTM Puglia
  2. E’ evidente che davvero pochi abbiano colto l’essenza del 2.0. Utilizzare le vecchie strategie “push” non ha più senso. Dal transazionale siamo passati al relazionale ma eminenti esperti del settore sembrano davvero non averlo capito. L’utente ha il potere di essere editore e informatore. Una foto, un’iniziativa, un contenuto, possono diventare virali e influenzare l’opinione pubblica. Non è sufficiente dunque attrezzarsi di fotografie professionali, di booking engine; serve accogliere e ascoltare la voce del web per filtrare la richiesta della domanda e implementarne l’offerta. Se solo questo venisse fatto ci si renderebbe conto che il prodotto Salento sta rischiando grosso. Come evidenzia questo grafico che raccoglie le critiche del web inserite in 4 categorie principali.
  3. Se l’intento è quello di mungere la vacca fino all’ultimo allora questa BTM Puglia è del tutto inutile. Il lucrare fino all’ultimo ai danni del patrimonio, dell’ambiente e farlo nonostante le conclamate difficoltà sociali, politiche ed economiche di un territorio, riesce perfettamente a tutti. A tutti coloro che affittano casa in nero spacciandosi per B&B, a tutti coloro che anche il giardino di casa diventa un parcheggio a pagamento e a tutti coloro che riempito il furgone o la station wagon di alcoli improvvisano vendita on the road.

Il turismo è il petrolio del Salento, ed è su questo settore che i rapaci sono determinati a sbranare la preda. Si smetta allora di parlare solo del ramo commerciale dell’azienda Salento. Destagionalizzare, aumentarne la redditività con maggiori servizi e minori sprechi, governare il turismo e non esserne schiavi con la bava alla bocca.

Un’ultima considerazione, più vicina agli occhi del cittadino che non del turista. I dati sono evidenti: il Salento è in pieno boom turistico da 5 anni, il che avrebbe dovuto avere delle ripercussioni positive sull’intera popolazione. Le strade ridotte a groviera, i trasporti non regolati e assolutamente insufficienti, il proliferare di piccole terre dei fuochi in ogni dove, nonostante questo boom ? Allora cosa succedere quando l’offerta sarà satura e la domanda tornerà a decrescere ? La risposta è facile, chi ha spremuto la vacca avrà grandi conserve di latte con cui saziarsi, agli altri resterà l’onore della cronaca per essere vissuto in un momento di esaltazione del proprio territorio e si sfamerà di sola gloria.

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Riccioneachi ; Riccione contro Gallipoli, come lanciare un hashtag di successo.

Riccioneachi , l’hashtag in risposta alla campagna di Riccione #machenesannoagallipoli.

Riccioneachi nasce in risposta a #machenessanoagallipoli , hashtag con il quale Riccione promuoveva il territorio per l’ormai imminente stagione estiva.

Il caso nasce alle ore 9:30 di lunedì mattina, quando operando per un cliente del settore turistico, che opera nel Salento, scopriamo che la pagina Facebook Operazione Riccione Notte , ha iniziato una campagna social per contendere lo scettro di metà turistica del divertimento estivo a Gallipoli.

#riccioneachi #riccioneachi #riccioneachi

Per un social media manager questa rappresenta una delle occasioni più ghiotte. Abbiamo dunque studiato una strategia in risposta, lanciando una campagna social #riccioneachi ? Come ci siamo arrivati? Perchè ha riscosso successo? Ecco qui una breve spiegazione che può tornare utile.

  • Il posizionamento di Riccione è simile a quello di Gallipoli: mete turistiche di punta, specializzate nel campo dell’intrattenimento serale/notturno.
  • Riccione ha bisogno di richiamare il suo target sottratto da Gallipoli perciò passa all’offensiva.
  • In termini di servizi e divertimento Riccione vanta una classe imprenditoriale e amministrativa riconosciuta come tra le più valide in Italia e non solo.

Considerazioni fondamentali per studiare una campagna social di risposta. Abbiamo perciò focalizzato la nostra attenzione#riccioneachi su alcuni punti di forza di Gallipoli, cercando di sottrarci da un parallelismo limitato , in un campo dove Riccione avrebbe potuto dire la sua.

Accogliere la sfida sullo stesso terreno, quello dell’intrattenimento, sarebbe potuto essere fatale; i criteri possono essere troppo soggettivi e la sfida è realmente aperta. Allora ci siamo posti questa domanda: perchè il target turistico che preferiva Riccione adesso sceglie Gallipoli? Semplice, perchè rispetto ai servizi, alla buona amministrazione ed al divertimento, Gallipoli annovera un mare da favola, prezzi competitivi, collocazione in un territorio provinciale di grande sviluppo e attrattività turistica e differenze naturalistiche, paesaggistiche e storiche assai diverse.

Allora la migliore risposta era quella di sottrarci ad un duello inutile, rispondere in maniera simmetrica avrebbe significato accettare di stare sullo stesso piano di Riccione, sostenendo dunque una battaglia (social si intende) che riccioneachidoveva puntare solo all’esaltazione degli eventi, della vita notturna e dell’intrattenimento. Sul piano nazionale si sarebbe potuto plasmare un secondo tentativo di delegittimazione del territorio Salentino, è successo già con Lecce (chiamata la Firenze del Sud), e non potevamo permetterci di alimentare la possibilità di far rinominare Gallipoli “Riccione del Sud”. No, Gallipoli è altro, sfruttando i punti di forza abbiamo capito che era il caso di sottrarci da questo accostamento e non farci dare del Riccione : Riccioneachi ?riccioneachi

Ironia, originalità e tempestività hanno creato un effetto virale in rete. L’hashtag si è subito propagato in rete, raccogliendo, come da intenzioni, una marea di post che nulla avevano a che vedere con vita notturna  e divertimento. Cibo, tradizioni, paesaggio, mare limpido e tanto altro sono stata la migliore risposta per dire che Gallipoli non è Riccione e non avremmo prestato il fianco ad un gioco al ribasso, Kalepolis è altro, allora #riccioneachi ?

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