#70anni dalla #liberazione e non accorgersene.
Correva l’anno 1919, era un’Italia distrutta dalla prima guerra mondiale. Un’Italia che contava 650 mila morti e più di 1 milione tra feriti gravi e mutilati. Macerie, tante. E’ in questo contesto che si affacciavano sulla scena politica i nomi che cambiarono la storia del nostro Paese; c’era un giovanissimo Benito Mussolini. C’era però una legge elettorale, per la prima volta proporzionale, con la quale gli italiani dettero una batosta impressionante a Mussolini, il quale, in seguito proprio a questo colpo basso, pensò di lasciare la carriera politica appena intrapresa.
Ma la classe politica eletta continuò a denigrare le opposizioni, rimanendo convinta che l’economia post guerra sarebbe decollata nel giro di qualche anno. Ne passò di tempo e la situazione economica rimase disastrosa, la popolazione era stanca, depressa, stremata. La criminalità organizzata iniziò ad assumere connotati governativi in alcune zone del sud. Saccheggi, stupri, e devastazioni Piemontesi, in nome della tanto apprezzata unità d’Italia, ridussero in miseria l’allora zona più fertile e ricca d’Italia, solo 50 anni prima. Le criminalità locali iniziavano ad avere il sopravvento su uno Stato assente, distrutto, e iniziarono a crearsi delle vere e proprie gestioni di potere parallele, nate dalle macerie, dalla miseria e dal disorientamento.
Paradossalmente queste forme di potere parallelo garantivano la sicurezza minima, la gestione proficua degli affari locali e la distribuzione di reddito derivante da lavori in favore degli stati più alti delle organizzazioni mafiose. Per gestire l’ordine pubblico e aumentare la presenza sul territorio, il fascismo usò abilmente i camorristi al fine di controllare la delinquenza comune in cambio di cariche e posizioni di garanzia. Proprio a Napoli si tenne un congresso di 40mila camicie nere che inneggiarono alla marcia su Roma.
Vittorio Emanule III per evitare un ulteriore bagno di sangue vietò l’intervento di contrasto all’eventuale colpo di Stato, favorendo di fatto la scalata al potere di Mussolini che a soli 39 anni fu incaricato di creare la nuova squadra di Governo.
Così come con la camorra, il partito fascista avvicinò a se influenti capi clan di cosa nostra. La commistione tra potere e mafia era definitiva, in virtù di una situazione grave e da molti punti di vista irrecuperabile, l’efficienza imprenditoriale delle mafie era vista come unica opportunità di sviluppo immediato dell’economia e così lo Stato si fece mafia e la mafia si fece Stato. Ad eccezione di qualche abile mossa politica ed una dose massiccia di propaganda, il duce non riuscì comunque a ridare all’Italia una situazione economica degna delle aspettative, a tal punto da dirottare le attenzioni del Governo su politiche forti (e scellerate) che portò il nostro Paese negli anni ’30 a vedere una messa appunto di piani di bonifiche e opere pubbliche (che sul fronte interno aumentò la forza del duce) e che facilitò l’accettazione dei piani tragici di politica estera.
Tanta storia non può certo essere riassunta in un post, ne tanto meno i dettagli possono essere solo vagamente immaginati. Una cosa è certa, l’Italia, sulle macerie di una guerra, scivolò in un massacro. Sulla scia della miseria e del disorientamento, abili manovratori unirono le forze marce del Paese che vennero viste, da un popolo in ginocchio, come ultima possibilità. Particolare attenzione merita anche la legge elettorale. Di fatto Mussolini fu bocciato dalla stragrande maggioranza degli italiani, e solo dopo il colpo di Stato, in vista delle elezioni del 6 aprile 1924, venne approvata una nuova legge elettorale, la legge Acerbo. Con questa legge si inseriva un premio di maggioranza che dava 2/3 dei seggi a chi otteneva più del 25% dei voti: “per garantire la governabilità”, si diceva. In nome di una “governabilità” il Paese fu consegnato ad una commistione di mafia e potere grezzo, ignorante, di cui ancora oggi paghiamo conseguenze.
La festa del 25 aprile è quindi un’occasione per fermarci a riflettere. Se c’è un’azione che elevò il nostro Paese a democrazia fu la Costituzione, anche essa compirà 70 anni il 22 dicembre del 2017. Essa rappresenta il vero e proprio DNA, l’ossatura di uno Stato che si fonda sul lavoro e tutela rappresentanza politica, pace e pari dignità per ogni sesso, razza, religione. In barba a tutto ciò, l’attuale Parlamento, che mette mano alle riforme costituzionali, è un parlamento illegittimo, nato e cresciuto in una crisi che ha prodotto, in 5 anni, 5 milioni di disoccupati e una perdita in termini di ricchezza pari al 9% del PIL pari a circa 140 miliardi di euro (stessa percentuale-con stime ovviamente diverse- venne persa durante la seconda guerra mondiale). Come in quel lontano 1919 siamo tra le macerie, macerie diverse, perchè contesti diversi. Non si è combattuta una guerra con le armi (ed in qualche caso anche) ma con i numeri, con i poteri occulti, le lobby e le multinazionali. Come in quel lontano periodo: corruzione, mafia, e parte marcia della società, hanno avuto modo di garantire il loro apporto in cambio di rappresentanza, bandi, affari, opere pubbliche. Come in quel periodo a Roma c’era l’esposizione universale, oggi a Milano c’è l’Expo. Come in quel periodaccio qualcuno, non eletto, cerca di cambiare le regole del gioco, forte di un consenso popolare mai espresso, figlio di pigrizia, miseria economica e culturale, cavalcata dal “non c’è alternativa”,e con una legge, come quella Acerbi, vuole assegnare un netto premio di maggioranza, dando al Paese un Parlamento di nominati e non di eletti, come in quel famoso 1924.
Allora auguri a tutti gli italiani, a quelli che hanno la possibilità di scrivere un post, di condividere un file, di dire la propria opinione. Auguri a tutti quelli che riconoscono nella libertà la più ampia e difficile opportunità di democrazia, ed in essa credono, non per questo cedendo al ricatto di mafie, poteri marci e corruzione. Uno Stato corrotto non sarà mai libero. La libertà non conosce compromessi.