Con il termine touristification si intende un processo di turistificazione, ovvero una dinamica che porta una destinazione, a trasformarsi in oggetto di consumo turistico.
La turistificazione si applica in maniera performante solo sulle attività economiche, che di riflesso scaricano il danno sociale e le ricadute in termini negativi sulla comunità. Quando parliamo di touristification intendiamo prendere in esame la gestione incentrata sulla vendita del turismo inteso come mercato di prodotto e non di servizio, ovvero ad un’ottica speculativa che avvantaggia gli affari dei privati, con scarse incidenze positive sul territorio per occupazione e investimenti.
Gli elementi che evidenziano una dinamica di touristification sono i seguenti:
La touristification perciò trasforma l’opportunità di un settore in un speculazione di un mercato, rendendo oggetto di consumo la destinazione, privando la collettività delle ricadute che deriverebbero da una gestione integrata alla comunità locale. L’esempio più forte è Venezia, oggi, al tempo del Covid, una città vuota, apparentemente senza anima, in cui i residenti sono scomparsi ma le case, diventate strutture ricettive, sono sfitte, Hotel, B&B sono ovunque, ma vuoti. I bazar, le gondole, i ristoranti. Un’economia che si era trasformata in soggetto speculativo, con numeri da capogiro, e che oggi paga dazio, più di tutte le altre realtà turistiche che vanno messe in guardia dalla touristification.
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Ti è mai capitato di cercare un esperto di marketing a Lecce? Allora potresti essere incappato in uno dei tanti improvvisati del mestiere che tentano di passare da esperto di marketing a Lecce, e ora ti spiego il perché.
Come tutti i mestieri, per dirti esperto, devi aver coltivato un talento che hai sin dalla nascita, averlo messo in pratica, aver acquisito titoli, formazione, anni di esperienza e riconoscimenti. Da quando ho deciso di spostare la mia attività da Roma a Lecce, mi sono accorto che, sebbene il mio raggio d’azione sia in tutta Italia, qui a Lecce ho notevole facilità ad essere contattato. Ma nel 70% dei casi, purtroppo ricevo richieste di vero e proprio aiuto, da parte di attività che sono incappate in sedicenti agenzie di marketing e comunicazione, o di finti esperti di marketing, che hanno spolpato il cliente, lasciandogli in mano, al più, un sitarello che neanche il cugino che ha studiato sui tutorial di YouTube.
Il marketing è ben altra cosa, e sebbene qualche illustre non collega, uno dei tanti pagliacci, sostenga che per essere esperto di marketing basti l’esperienza, sia chiaro, col talento ci nasci; con l’esperienza il migliore ci diventi. Ma senza il primo, lascia perdere le ambizioni. O lo sei, o non lo fai.
Ecco perché quando scegliete un esperto di marketing a Lecce, prima che lui si informi della vostra attività, informatevi della sua, leggete il CV, l’esperienze, chiedete il portfolio clienti, e magari contattate i suoi clienti per avere un feedback.
Io, a differenza di certi ciarlatani, a cui ho insegnato – tra le tante – la gestione SEO con la quale oggi cercano di battermi (poveri figli) – ho una pagina dedicata alla chiarezza e alla trasparenza delle mie competenze e del mio profilo, che potete consultare qui.
Io, a differenza di tanti pagliacci, i clienti li converto in partner d’impresa, non in vacche da mungere. Io a differenza di certi profili, ho coltivato un talento e oggi non sono un architetto, ingegnere, designer, fotografo o venditore di ascensori, come molti dei miei non colleghi che si spacciano per “esperto di marketing a Lecce”. Il digitale ha dato modo a tanti professionisti, frustrati e disoccupati, di ripiegare su un settore, in cui limitarsi a dire comunicazione, sarebbe più dignitoso che auto celebrarsi come “esperto di marketing”.
Io sono Dottore in Marketing e Comunicazione d’impresa, con specializzazione in Turismo, PMI e politica, e vanto il 97% dei feedback positivi, con il 78% delle attività che riscontrano un significativo miglioramento delle proprie performance grazie al nostro intervento.
Si nasce marketer, ci si afferma come esperti, si lotta per essere i migliori.
In prima persona, perché ci metto la faccia, mentre gli altri se la giocano.
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Il comparto in assoluto più colpito dalla crisi pandemica è quello del turismo, la cui anima si fonda sullo spostamento e sul pernottamento in altro luogo; quanto di base vietato ovunque. Un crollo che nei numeri non potrà che tornare ad un punto di equilibrio dopo anni di “normalità”.
Il turismo vale circa il 15% del PIL italiano, ma considerando l’indotto indiretto si potrebbe stimare intorno al 20%.
La crisi di Governo sta rendendo ancora più lento il già debole sostegno al comparto che al momento gode di questi aiuti:
La crisi colpisce soprattutto le mete internazionali, che vedono in Venezia, Roma, Firenze, Milano, Verona, Napoli le principali attrattive italiane che sole attraggono oltre il 60% del turismo internazionale nel nostro Paese.
Le restanti mete, ammiccano ad un turismo interno. Ecco le parole chiave del turismo del 2021:
La parola d’ordine resta digitalizzare. Ad oggi, solo il 43% degli operatori della ricettività è online con una propria presenza strutturata, preferendo portali orizzontali (Booking, Air B&B ecc.). Le commissioni, piuttosto che una scarsa identificazione della propria capacità attrattiva, ceduta alle strategie del pricing dinamico, fanno si che il turismo dominante sia mordi e fuggi, low cost, last minute e in alta stagione.
Una presenza strutturata permette un vantaggio competitivo nella bassa stagione, l’ottimizzazione di tariffe sul lungo periodo e l’aumento del pernotto medio, crollato nella domanda interna da 3,2 notti a 2,1.
Sviluppare la propria presenza online significa aggiornare continuamente i social (il 71% degli utenti cerca info, foto e dettagli sulle pagine social prima di scegliere la meta), entrare in relazione con operatori della propria area geografica, disporre di un sito totalmente responsive, ovvero di facile lettura su ogni dispositivo (il 59% delle prenotazioni avviene da smartphone) e con area booking riservata nel quale gestire la propria strategia di prezzo in maniera complementare e rafforzativa rispetto alle tariffe degli intermediari.
Buon lavoro e buona fortuna a tutti gli operatori del settore.
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Solo 1 anno fa, e durante parte della pandemia, a Matteo Salvini sarebbe fortemente convenuto andare ad elezioni. La Lega infatti ad inizio 2020 aveva nei sondaggi un consenso vicino al 30%. In piena pandemia la linea comunicativa del carroccio è stata più volte incoerente, mentre nelle regioni a guida Lega imperversava il virus. La polemica perpetua si è scontrata con un consenso crescente del Governo Conte, soprattutto del Primo Ministro, arrivato a quote di consenso personale oltre il 60%
Questo ha ridotto il potenziale consenso del partito con la spilletta di Alberto da Giussano di ben 9-11% , portandolo allo stato attuale ad un 21,9% di consensi. Esattamente opposta, la linea di Fratelli d’Italia, ritenuta più coerente, che ha permesso un travaso di consenso dalla Lega al partito di Meloni. Fratelli d’Italia però, una volta raggiunto il 17%, sembra non andare oltre, mostrando una grave difficoltà a sfondare verso il centro-destra di Berlusconi il cui consenso ormai non supera più il 10%.
In un’ottica di coalizione perciò la Lega sfonderà l’asse verso il centro, convergendo sull’europeismo da fast food, tenendo in bilico il banco del Governo, per erodere, insieme a Forza Italia, il 4-5% di consenso utile per le future elezioni politiche, unico obiettivo di un Governo di transizione. Mentre Giorgia Meloni acquisirà il 2-3% dei consensi dal Movimento 5 Stelle, nello specifico i delusi di un approccio morbido nei confronti di un possibile Governo Draghi.
Il Partito Democratico, come la Lega nel Conte I, ha beneficiato dell’alleanza con il Movimento, fagocitando il consenso derivante dall’azione di Governo. In un solo anno infatti il partito di Zingaretti, stando ai sondaggi, è passato dal 14 al 20% dei consensi. Italia Viva invece in un solo anno passa dal 5,7% al 2,6 % dimezzando il consenso. Frutto di una scelta considerata folle anche da parte dei parlamentari del gruppo di Renzi, di staccare la spina al Conte II.
Il Movimento 5 Stelle, dopo un crollo verticale, sembra aver polarizzato il suo elettorato, che rimane fedelmente al 14% nei sondaggi. Una linea possibilista sul Governo Draghi creerebbe un rinsaldamento dell’asse dell’area “progressista” di cui Conte ne è la massima espressione (11-12%) e avvierebbe però una piccola, ma ulteriore, emorragia, del 2-3%, proprio verso il partito di Giorgia Meloni.
E il partito di Conte? Una suggestione giornalistica o altro? In tutti i casi non andrebbe oltre al 10% e sarebbero voti per 3/5 derivanti da elettorato PD-5S.
Ecco perché a nessuno oggi conviene andare al voto.
Il taglio dei parlamentari poi è uno spettro per tanti, che sono certi di non essere rieletti. Ecco perché al momento nessuno ha il vento in poppa, ed una soluzione parlamentare resta la più attendibile, in attesa di una sana legge elettorale, per non ritrovarci ad andare alle urne con il rischio di esprimere un Parlamento ancora più fragile di quello attuale.
Tutto fa pensare ad un Governo formato con un Premier il cui nome riunirà intorno all’attuale maggioranza, un ampliamento alle forze europeiste, ovvero Forza Italia, Azione, + Europa, in primis. Potrebbero rimanere esclusi Fratelli d’Italia , alcuni partiti di sinistra e parte del Movimento 5 Stelle.
In questo Draghi è l’uomo giusto per le consorterie, le lobby, le SpA, molto meno per i cittadini, che già nel meeting di Rimini (comunione e liberazione) lo hanno sentito preannunciare il suo arrivo, con dottrine economiche in salsa montiana. Draghi è l’uomo giusto per ridare slancio al neoliberismo che ha falcidiato l’economia del nostro Paese, a vantaggio di massimi sistemi ed economie di scala, globaliste e affariste.
L’uomo giusto per scardinare il Movimento, il cui elettorato è quello meno sensibile al fascino del potente Mario. E’ qui che si gioca tutto; il Movimento è dotato di anticorpi per resistere al terzo sequestro politico? Le condizioni le dovrà dettare il Movimento, e dovranno essere piuttosto ambiziose.