Come ogni anno, prima del nuovo anno, arriva il report qualità della vita 2018 , l’indagine del Sole 24 ore che prende in considerazione 42 parametri, dall’ambiente all’ecosistema urbano, dal reddito pro capite al tasso occupazionale. C’è spazio anche per un’indagine sulla parità di trattamento economico per sesso, e sulla capacità del territorio di rappresentare una realtà smart e fruibile nei suoi servizi.
E’ pur sempre ambiguo e particolarmente difficile parlare di qualità della vita, poiché a questa definizione si legano troppe considerazioni di carattere soggettivo. Tuttavia l’utilizzo di 42 parametri, ben individuati, portano ad una definizione che, se non ha a che fare con la definizione della qualità della vita, sicuramente qualifica il grado di civiltà e sviluppo di una provincia.
Partiamo col dire che la provincia di Lecce ha fatto un gran passo in avanti, scala 12 posizioni. Tra i parametri che balzano all’occhio, e di cui si fatica a trovare la correlazione con la il concetto di qualità della vita, c’è l’aumento vertiginoso dei canoni di locazione, che porta Lecce e la sua provincia al 29° posto, e l’ambiente che, nonostante l’emergenza rifiuti, le discariche abusive e le ormai note statistiche di incidenza tumorale ai polmoni tra le prime d’Italia, ci vede salire al 67° posto. I canoni di locazione potrebbero aver risentito delle strategie di prezzo applicate alle strutture ricettive, per l’ambiente viene più facile considerare non tanto il miglioramento del Salento, quanto il peggioramento netto di alcune realtà (tutte del sud).
Splendida invece, ed inequivocabile, la prestazione del territorio nei parametri di sicurezza e presenza di start up innovative, 46 esima posizione che, analizzata in un contesto economico sicuramente meno competitivo di altri, si arricchisce di speranza.
Pessime, orrende, le notizie sul fronte dell’occupazione giovanile, 93 esimi, PIL pro capite (attenzione all’enorme sommerso) 100 esimi. Profondo nero per la classifica “affari e lavoro”, 105 esimi, ovvero la quinta peggiore provincia d’Italia.
Insomma, bene ma non benissimo, forse perché peggio di prima non si poteva fare, forse perché a salire qualche posizione era piuttosto facile.
Il turismo sfugge a chiare identificazioni, pertanto è sempre meglio parlare di turismi. In questo caso parliamo di quel flusso di informazioni, scambi dati e accessi in rete che generano il turismo digitale. Il digitale ha trainato nel 2017 una crescita del 4% nel comparto, facendo registrare un +9% proprio dal digitale che da solo è valso nel 2017 oltre 11 miliardi di euro. Le nuove stime parlano di un’ulteriore crescita, oltre i 14 miliardi di euro.
Non è certo l’unica prospettiva ma sicuramente il digitale si offre come la migliore opportunità da cogliere bene e subito.
Turismo digitale: cosa fare?
Ampiezza o profondità.
Innanzitutto mai supporre che il digitale sia un mondo parallelo. Nel digitale ci siamo dentro. Il web è l’estensione naturale del nostro vivere quotidiano. Curare gli aspetti fondamentali della propria attività, stabilire la propria offerta, decidere se agire con una strategia generalista o specifica, individuare le peculiarità della destinazione e produrre un sistema sinergico di collaborazioni per garantire servizi al turista, saranno i primi passi da compiere.
Ampiezza. Se ritieni che il tuo business possa garantire un’offerta generalista, ovvero non eccellente in poche cose ma buona in tante, allora dovrai realizzare un setting predisposto per garantire tanti servizi e prodotti che possano inglobare diversi tipi di target, in diverse stagioni e con differenti prezzi.
Profondità. Se individui un’attitudine specifica, delle peculiarità particolari, è il momento di scendere in profondità. Specifica la tua offerta, sii settoriale, diventa il migliore in ciò per cui il tuo business credi che sia orientato. Servirà del tempo ma verrà ripagato con una buona strategia di marketing mix.
Intermediazione o in prima persona.
Dipende dalle risorse, dal know how , dai tempi e dagli obiettivi. Avere l’intermediazione di portali di prenotazione è sicuramente una scelta vincente per il breve-medio periodo. Disintermerdiare l’attività, con una strategia propria di presenza online, mira ad obiettivi di consolidamento nel medio lungo periodo.
Booking. Rivolgersi a Booking come agli altri portali orizzontali permette di avere il sostegno di una struttura solida, che garantisce un applicativo veloce, intuitivo, assistenza ed una grande vetrina promozionale. La leva principale resta il prezzo, e qui il più alto rischio di cannibalizzazione.
Sito. Iniziare parallelamente un percorso di disintermediazione non è certo tempo perso. Una buona presenza online, coltivata nel tempo, darà soddisfazione, remunererà maggiormente e permetterà di gestire le strategie di prezzo in maniera autonoma, immediata e senza costi.
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BEST PRACTICE.
Analizza il tuo prodotto/servizio, carpiscine i punti di forza e quelli di debolezza. Prima di aprirti al turismo digitale, sii sicuro di aver curato l’offerta reale, bluffare nel web è pericolosissimo.
Crea un sito basato su informazioni chiare, geolocalizzate, facilmente condivisibili. Prepara una chatbox o un contact form adeguato per entrare in contatto con l’utente. Predisponiti alla messaggistica istantanea. Realizza un’area blog solo se puoi garantire continuità e sviluppo di uno storytelling coerente ed originale. Cura l’aspetto responsive, tutto deve essere perfettamente visibile da qualsiasi display, soprattutto da dispositivi mobili.
Proponi un’esperienza. Che tu abbia un B&B o un ristorante, o un maneggio, cura il dettaglio dell’esperienza che puoi proporre e far vivere. Senza un’esperienza il cavallo resta cavallo, la pizza una pizza, un letto un letto. Raccontala sui social, descrivi e narra una storia che renderà protagonista chiunque sceglierà di farne parte.
Social media management. Gestisci la tua presenza sui social in un’ottica 3.0. Non è sufficiente postare di tanto in tanto. Rispondi, commenta, cura la grafica, i contenuti, i video, le foto. Fallo con continuità, realizza un piano editoriale da collocare in un frame specifico. Vedrai che con del tempo e delle campagne a pagamento, mirate ad obiettivi chiari e specifici, arriveranno grandissime soddisfazioni.
QR code. Sembra desueta ma l’applicazione si è evoluta. Inquadrare una immagine con la fotocamera del proprio smartphone è cosa da tutti e di tutti i giorni. Utilizza questo strumento per consentire un collegamento diretto al web, lì dove può occorrere un’informazione immediata, condividere o acquisire video o audio guida.
Booking engine. Predisponi il tuo sito alla prenotazione online ma solo se sei in grado di assicurare un acquisto: facile, veloce e sicuro.
App e prenotazioni online. Non tutta la tecnologia è alla nostra portata. Se non hai le competenze necessarie non entrare in ambiti sconosciuti, potresti rischiare di non amministrare richieste, prenotazioni e creare gravi deficit gestionali.
Ultima ma non meno importante; non subire il web, governalo. Recensioni, commenti, valutazioni, spesso possono compromettere l’immagine della tua attività. Raccogli i dati, individua le criticità che ti vengono indicate e lavoraci per migliorarle. Sii corretto, educato e rispondi sempre, tranne alle provocazioni e alle violazioni della netiquette. Per quello basterà segnalare alle autorità o ai fornitori dei servizi.
Se hai bisogno di supporto nel realizzare la tua strategia e cogliere subito l’opportunità del digitale siamo qui per te.
sono un meridionale, uno di quelli che un tempo lei avrebbe etichettato come terrone, scansafatiche, parassita. Uno di quelli che oggi è nelle sue grazie, altrimenti rimaneva recluso in quel partitino di laureati in Albania a loro insaputa. Un cittadino italiano del mezzogiorno, che ha solo la fortuna di vivere in un mondo in cui c’è sempre un sud più a sud.
Ieri toccava a noi, oggi al più generico extracomunitario. E’ una retorica che funziona. Ha funzionato nord contro sud, ora la sua Lega Nord 2.0 ce l’ha fatta anche a raccontare l’Italia contro gli immigrati. E’ una vecchia strategia, e si alimenta con la definizione del “nemico unico”.
Non ho nulla contro di lei, perché lei non è la causa, ma la conseguenza. E’ il risultato ultimo di un degrado e di uno squallore culturale a cui non si è posto argine. Lei è il prodotto ultimo di decenni di Governi assenti, incapaci, incompetenti, nel migliore dei casi. Disonesti nei peggiori. E il suo partito ha fatto più volte parte di questi mandati.
I suoi predecessori hanno generato più di un mostro. Hanno generato un debito pubblico senza precedenti. E so che lì in via Bellerio di buchi se ne parla spesso. Hanno ridotto il sistema sanitario nazionale al collasso, dove i poli di eccellenza ora sono macerie, anche nella sua Lombardia, schiacciati da indagini e corruzione. L’invecchiamento della popolazione, l’aumento dei disoccupati, lo sbriciolamento del welfare, oltre che dei ponti e delle infrastrutture, hanno reso gli italiani un popolo pigro, incolto, spaventato. Negli ultimi anni sono stati più gli italiani che hanno scelto di scappare all’estero degli immigrati venuti nell’ex bel Paese. Altro che immigrazione, qui il problema è la nostra emigrazione. I suoi predecessori hanno generato tutto questo squallore, di cui oggi ne paghiamo le conseguenze. E tra queste anche lei come Ministro.
Non sapevano fare maggioranza ieri, non sanno farle opposizione oggi. Lei invece ha sempre fatto il suo, al meglio. Si è disegnato addosso gli abiti dell’intransigente, stacanovista e uomo di Stato. Lo stesso Stato di cui i giovani padani proteggevano “un sogno nel cuore, bruciare il tricolore”. Si ricorda che belle serate? E quei cori contro i meridionali?
E’ stato in scia alle principali tendenze politiche. Ha copiato slogan, ripetuto i soliti copioni. “Prima gli italiani”. Anche se questi fossero delinquenti, corruttori, evasori, stupratori e assassini? Procedere per categorie è semplicistico, ma a volte conviene. Converrebbe allora scoprire la categoria del giusto o sbagliato, del legale contro l’illegale. Scoprirà che la razza è una categoria desueta, e che in un mondo globale il problema non è l’immigrazione, ma la giustizia.
Ecco perché le conviene parlare di immigrazione, perché far funzionare uno Stato è ben più difficile di far girare dei post sui social. Perché la certezza della pena, i tempi brevi per le condanne, i rapporti con gli altri Paesi per l’espatrio, hanno bisogno di lavoro, non di un Tweet. Perché promettere il Ministero delle disabilità, l’abbattimento delle accise, maggiori fondi alle forze dell’ordine, strutturare il federalismo, combattere le mafie, è cosa difficile, è compito da uomini di Stato veri, non da ruspe di giorno e mutandine verdi di notte.
Non le basteranno i social per mostrare il suo volto umano ma deciso e cazzuto. Non basterà togliere “nord” da una bandiera. No, non quella con cui vi volevate pulire il culo. Non le basterà e non le sarebbe bastato, perché col 17% non si amministra neanche un condominio. Eppure anche qui, il problema non è di certo suo, ma di chi ha governato promettendo una legge elettorale “da imitare” (speriamo che a nessuno venga questa folle idea).
Lei non è odio, lei non è razzismo, come cercano di disegnarla dandole ulteriore consenso elettorale. Lei non è nulla di tutto questo e nulla di tanto altro. Lei è opportunismo, furbizia, astuzia. Lei (con uno staff di persone competenti, almeno lo staff) ha elaborato un disegno perfetto. Toccando due soli argomenti, immigrazione e pensioni, ha unito il disagio di giovani che non trovano posti di lavoro, ai pensionati sempre più lontani dall’età e senza adeguamenti, e al senso di insicurezza e ingiustizia facile da affibbiare agli immigrati, che se non rubano e spacciano allora fregano il lavoro ai “nostri ragazzi”.
Vede gentile Ministro, fino ad ora lei non ha alcuna colpa. Iniziano le responsabilità, il che è ben più rischioso. Fino a quando usare il tema dell’immigrazione le porterà consenso? Fino a quanto riuscirà a reggere il teatrino dell’assurdo? Il suo stesso dicastero ha appena pubblicato i dati sull’immigrazione. Quest’anno abbiamo avuto l’87% in meno di arrivi, eppure il problema resta l’immigrazione? Mi vorrebbe dire che il suo Ministero non è in grado di regolamentare un flusso di neanche 30 mila persone?
Mi vorrebbe dire che il 7% della popolazione (proveniente da altre nazioni e stabile in Italia) può rappresentare un problema ingestibile di sicurezza? Può davvero essere la misura su cui si scontra un mancato impiego dei giovani italiani?
No caro Ministro, non è questa l’Italia che abbiamo sognato e che continuiamo a sognare. Il politico non solo e non sempre deve rappresentare il popolo, ha anche l’obbligo di onorare le istituzioni. I luoghi in cui la politica si fa, non si subisce. Dove presentare soluzioni ai problemi, non esasperarli per aumentarne la portata e quindi il consenso. Inseguire il popolo può significare voti, ma lei ora ha un altro compito, ben più importante: GUIDARLO.
Lei non ha alcuna colpa, da adesso ha tante responsabilità, si fidi, è molto peggio.
Si sa, il mondo dopo la globalizzazione non è stato più lo stesso. Migliore, peggiore, difficile dirlo. Sicuramente diverso. Per sostenere la produzione di massa, e la vendita di beni e servizi, si è provveduto a creare il consumo esperienziale, aumentare le occasioni, i luoghi, i motivi di consumo. La frontiera dell’e-commerce ha anche abbattuto le barriere spazio temporali. Le macchinette self service e la concorrenza sleale ed incontrastata di negozi simili agli off licence britannici, la costruzione di mall e ipermercati dove creare perdizione e focalizzare la domenica sul consumo, hanno messo spalle al muro il piccolo e medio commerciante. Tutto in nome del lavoro, del reddito, dell’occupazione.
E’ stata perseguita la strada più americana del fare mercato. Si diffonde così l’obsolescenza tecnica, ovvero prefissare il ciclo di vita di un prodotto per obbligare al cambio o alla riparazione. Si apre al consumo 7 su 7, e poi alla disponibilità h24.
Stiamo inseguendo un modello giusto, o l’unico valido per mantenere livelli occupazionali validi? Oppure è il caso di ridimensionare l’importanza della disponibilità al consumo ovunque, sempre e subito.
La proposta della chiusura domenicale, divide. Non sembra esserci una verità, una posizione più giusta e una meno, semplicemente una scelta da fare. Sperando che sia la più opportuna.
VEDIAMO INSIEME I PRO E I CONTRO DI UNA REGOLAMENTAZIONE DELLE DOMENICHE.
C’è una premessa da fare: il mercato libero conosce l’autoregolamentazione e dovrebbe essere il buon senso e la buona pratica imprenditoriale a valutare nei profitti e nelle perdite, anche i costi e i ricavi intangibili. Armonia, felicità e buona predisposizione delle risorse umane, oltre che comunicazione sociale d’impresa verso i consumatori, non possono più essere esclusi dalle buone pratiche d’impresa.
CONTRO. La chiusura domenicale può generare un mancato guadagno, in una giornata in cui sempre più italiani hanno l’abitudine di dare sfogo al consumo sia razionale che edonistico. Il che significherebbe generare un circolo vizioso di perdite di volumi d’affari e possibili ricadute in ambito occupazionale. La chiusura domenicale porterebbe poi a cercare delle alternative di consumo, online, self service. Inoltre il rischio di decretare per legge, la chiusura domenicale, potrebbe portare disparità di trattamento tra un tipo di attività commerciale e l’altra. Ma ad alimentare il vero motivo di contrasto alla chiusura domenicale, è l’idea che una scelta libera, di un singolo individuo, o di una famiglia, di dedicare una giornata allo shopping, possa venire meno per una decisione imposta e non per una libera opinione di come spendere il proprio tempo (lato consumatore), o di come e quando guadagnarsi da vivere (lato commerciante).
PRO. Le liberalizzazioni, che avrebbero dovuto portare ad un aumento dei consumi, e ad un rilancio dell’economia, hanno in realtà portato ad un mercato imbastardito, dove le assunzioni sono rimaste ferme al palo, le ore lavorate sono aumentate (spesso in nero) e i salari congelati. Imprimere un cambiamento etico, ridando centralità al tempo libero, fuori dall’idea di consumo anche quando questo è superficiale, e non copre i generi di prima necessità, potrebbe dar vita ad un ritorno al passato, fatto di famiglie nei parchi, in visita presso beni culturali, attività sportive, eventi, sagre, concerti, mostre e tanto altro.
Mantenere lo stato attuale, garantendo la libertà di consumatori e commercianti di decidere autonomamente come, dove e perché spendere il proprio tempo libero in consumi, o tentare di educare ad un consumo differente in nome di un’etica da altri tempi? A voi la scelta.
Resta ben inteso: qualunque sia la scelta del Governo, il concetto di gradualità e categorizzazione per i commercianti, e di disponibilità e reperibilità a beneficio dei consumatori, non può certamente essere escluso dai criteri decisionali. Appare doveroso anche considerare i diversi tipi di attività commerciale, che creano offerta turistica nei centri storici, come ad esempio l’artigianato locale. Così come merita un’analisi, il diverso contesto in cui i commercianti operano, basti pensare a località prettamente balneari che generano i massimi ricavi nei weekend estivi, rimanendo aperti anche oltre la mezzanotte.
Una scelta difficile da fare, forse non la priorità del Paese, ma pur sempre una scelta da fare. In tutti i casi dove non arriva una buona legge, può arrivare il nostro buon senso.
Già da un anno, su tante bacheche Facebook, di pugliesi orgogliosi ed italiani affezionati, si rilanciano e condividono post “La Puglia è la regione più bella del mondo secondo National Geographic”. Peccato che la notizia, diventata virale, sia l’ennesima fake news che si propaga nel web.
National Geographic stila ogni anno una classifica Best Trips , in cui vengono selezionate le best value destination .
La Puglia non appare nella classifica del 2017, così come non viene assolutamente confermata la sua leadership nella graduatoria del 2018. Una bufala bella e buona insomma, come tante sono state messe in giro pur di aumentare l’appeal turistico di una regione, la cui riconosciuta bellezza, non ha bisogno di essere affermata in questo modo.
La Puglia quindi non è mai stata indicata come regione più bella del mondo dal National Geographic.
Tornando alle notizie vere invece, è appurato che il turismo in Puglia segni in termini quantitativi un aumento costante e netto. In termini qualitativi si registra la mancata ricaduta in termini di reddito e di occupazione. Non solo. Altroché regione più bella al mondo. I turisti sono perlopiù italiani, e la bassissima penetrazione internazionale colloca la Puglia tra le ultime regioni in Italia per il turismo estero. C’è di più, e c’è di peggio. Solo nella stagione balneare la Puglia risulta sul podio delle destinazioni italiane, per poi scomparire dai radar per 9 mesi all’anno.
Appare necessario equilibrare una forte domanda quantitativa, con un riposizionamento in termini d’offerta. Elevandone la qualità, gestendo un piano strategico che possa mettere in sinergia nuove micro-destinazioni, per alleggerire le mete più ambite ormai alle prese con l’overtourism. Un’offerta che richiederebbe l’attivazione di nuove dinamiche di destination management, di digitalizzazione dell’offerta, della sua internazionalizzazione. Un’offerta che resta al palo per la sua incapacità cronica di destagionalizzarsi. Frustrazione questa che aumenta con l’evidente gap infrastrutturale e logistico di una regione che copre in lunghezza 450 km di superficie.
La strategia attuale invece appare chiara quanto misera: bandwagon, ovvero autoproclamarsi migliori per far salire tutti sul carro dei vincitori. Insomma, invece di dormire sugli allori, inventando notizie sensazionali, come quelle rilanciate quotidianamente sui vip e la loro scelta di passare le vacanze in Puglia (almeno il 50% di queste sono bufale), bisognerebbe lavorare davvero, lavorare tanto, non solo due mesi su un anno.
E’ tempo di estate e con l’avvicinarsi dell’alta stagione arrivano i primi veri grandi problemi collegati al turismo di massa. Sovraffollamento, traffico sulle litoranee, ristoranti e alberghi sold out. Il turismo di massa ogni anno genera disordini di vario tipo, rischi e inefficienze dovute alla concentrazione di persone.
Colpa delle amministrazioni, che non sviluppano adeguate misure di contrasto all’overtourism, tanto quanto di una dilagante maleducazione dei turisti e di modi spavaldi di “invadere” le mete.
Il decalogo del buon turista sostiene l’importanza di alcune azioni e comportamenti da adottare, per generare un circuito virtuoso. Non è certo una novità apprendere di turisti che confondono fontane secolari per spa, capitelli per gradini dove erigersi orgogliosi per un selfie.
Il turista è una risorsa preziosa per molti territori in cui l’incidenza sull’economia locale è più elevata di altri comparti. Un bene prezioso da salvaguardare. Per generare valore e contribuire ad un sistema virtuoso, è opportuno che il turista sia ambasciatore di buon senso e civiltà. Ecco a voi il decalogo del buon turista :